A lume di candela...

La mia faccia sembra unta, con tutto il trucco che Maryam mi ha spalmato addosso. Faccio una smorfia alla mia immagine riflessa. Forse Hauron è il meglio che posso rimediare in così poco tempo. Forse non merito altro.

Con un lungo sospiro, sistemo l'hijab appeso all'angolo dello specchio in modo che lo copra del tutto e mi nasconda da me stessa. Accendo la candela a luce perpetua, faccio partire la musica di Googoosh, e mi spalmo la faccia di crema. Mentre mi strucco rabbiosamente, maledico il destino e il triste fatto che le possibili alternative siano una peggio dell'altra.

Spengo la luce, mi infilo a letto e mi seppellisco nel soffice piumone rosso, voltata in modo da vedere la fiamma della candela che danza nel buio.

Da sempre la mia camera è il mio rifugio. Fin da quando Maryam ha sposato Ardishir e ha lasciato l'Iran ho avuto una stanza tutta per me. E' l'unico posto dove non ho mai dovuto portare il velo, o qualche tipo di maschera. Per strada ero velata in tutti i sensi: espressione austera, occhi bassi. Al lavoro innalzavo una barriera fra me e le mie ragazze ogni volta che dovevo fingere con loro che il futuro fosse qualcosa in cui sperare.

E con i miei cari genitori ero la figlia gentile, obbediente e comprensiva, quella che non si accorgeva degli occhi gonfi e lacrimosi della mamma. Alla sua costante tristezza reagivo con doverosa allegria. Un altro velo.

Solo quando sono sola, di notte, recupero il senso di chi sono davvero e di chi potrei diventare. E' quando sono sola, di notte, che trovo tutta la mia pace.

"Colazione da Starbucks" di Laura Fitzgerald

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